I personaggi femminili presenti nelle storie dei videogiochi sono stati spesso scritti allo scopo di soddisfare gli sguardi e le fantasie maschili. Avevano ruoli secondari, di sostegno ai protagonisti e assecondavano gli stereotipi (impossibili) di bellezza. Spesso erano semplicemente delle principesse da salvare, che non si evolvevano molto nel corso della storia. A nche dietro alla console le donne non venivano considerate e addirittura ignorate.
Eppure le donne che giocano ci sono sempre state e ce ne sono sempre di più. Secondo un rapporto sul mercato dei videogiochi in Europa dalla società di ricerche di mercato IPSOS Mori nel 2021, pubblicato il 47% delle persone che giocano ai videogame si identifica come donna. Ma nonostante questi numeri, le gamer vengono ancora spesso trattate come se fossero delle outsider: c'è ancora gente che le insulta, le esclude e le ridicolizza.
Fabrizia Malgieri, critica videoludica, ricercatrice e videogiocatrice, si occupa di personaggi, rappresentanza e rappresentazione femminile nei videogiochi presso l'Università IULM di Milano. Malgieri conosce bene questi problemi e vede negli sviluppatori dei videogiochi la chiave per il cambiamento positivo di quest'industria.
D: Perché le gamer vengono spesso percepite come una minoranza, anche se in realtà non lo sono? R: Il gaming è stato attribuito più agli uomini che alle donne perché l'industria parlava solo agli uomini. Negli anni Novanta gli sviluppatori di videogiochi identificarono il pubblico maschile come quello più interessato e spinsero per produrre giochi che soddisfavano lo sguardo maschile. Ma in realtà noi donne ci siamo sempre state.
D: Come si sono evolute le figure femminili all'interno dei videogiochi? R: Molti dimenticano che negli anni Ottanta videogiocare era un modo per stare insieme, sia maschi che femmine. Non c'era il gioco per maschi o quello per femmine, questa divisione arrivò dopo. Quando poi nel 1996 arrivò la prima protagonista, per noi giocatrici fu la svolta. Era forte e determinata e, nonostante fosse ipersessualizzata, con delle forme molto prorompenti, potevamo finalmente identificarci in una figura più simile a noi, visto che fino ad allora avevamo sempre solo interpretato uomini.
R: Negli ultimi cinque anni le protagoniste femminili, come anche le giocatrici, sono diventate sempre di più e sono tutte diverse tra di loro. Chi scrive i personaggi sta molto attento a questo oggi. Addirittura ci sono videogiocatori che si lamentano della presenza di tutte queste donne protagoniste. Per non parlare di quando la protagonista magari è pure lesbica... Un delirio!
D: Un'evoluzione l'ha avuta, per esempio, anche la principessa Zelda di The Legend of Zelda. Nel corso degli anni ha ricoperto diversi ruoli: dalla principessa indifesa che doveva essere salvata dal protagonista Link ad un'eroina a sé stante. Cosa ne pensi? R: Su Zelda c'è sempre stata quest'idea che fosse l'archetipo della damigella in difficoltà, ma non è mai stato così. L'eroe che salva la damigella è semplicemente una storia che funziona bene. Anche se il personaggio di Zelda non era sempre giocabile, aveva sempre un ruolo importante e attivo nel gioco. È sempre stata l'eroica spalla di Link, quella che dà la missione. Scusate se non mi sembra da poco.
D: E quindi perché è così importante che gli sviluppatori includano delle protagoniste femminili nei videogiochi? Molte persone sostengono che non faccia alcuna differenza. R: Potersi riconoscere mentre si gioca, specialmente quando si è più giovani, è fondamentale. I personaggi dei videogiochi sono sempre stati dei modelli aspirazionali.
D: Si inizia a giocare molto presto. Quali sono le difficoltà che le ragazze incontrano videogiocando, rispetto a quelle dei ragazzi? R: Sicuramente c'è una certa resistenza da parte di molti giocatori maschi. Uno dei problemi che le giocatrici, soprattutto quelle più giovani, incontrano quando vanno a giocare online sono le minacce o gli apprezzamenti poco carini: ad una mia collega è successo che un giocatore, dopo aver capito che stava giocando con una donna, le dicesse 'certo che sei bravina per avere la vagina'... Questo è il livello di accoglienza. Conosco molte gamer che non rivelano di essere donna, usando dei nickname maschili, per proteggersi.
D: Quindi, al contrario di chi lo nega, c'è davvero una differenza tra uomini e donne nel gaming... R: Sì, assolutamente sì. La donna che gioca viene ancora vista come qualcosa di assurdo. Quando racconto che mi occupo di videogiochi, molte persone mi guardano sbalordite. Una donna che si occupa di videogiochi? E che c'è di strano? C'è chi si occupa di cinema e chi di cucina. A me piacciono i videogiochi.
D: Ti sei mai sentita discriminata in quanto donna? Che approccio hai adottato in quei casi? R: Sì. Inizialmente ero una che lasciava correre perché mi sembrava una perdita di tempo. Invece poi mi sono resa conto che non rispondere significa dare a queste persone l'alibi per continuare a dare fastidio ad altre persone. Oggi rispondo sempre, ovviamente con educazione, perché non rispondere è come non voler vedere che c'è un problema.
Tra gli sviluppatori che hanno riconosciuto il problema e che si stanno muovendo in una nuova direzione, ancora più inclusiva, tenendo conto del pubblico di giocatrici femminili, c'è Nintendo. La storica saga The Legend of Zelda è un buon esempio di scrittura, evoluzione e approfondimento dei personaggi. Anche in The Legend Of Zelda: Skyward Sword HD, disponibile ora su Nintendo Switch, Zelda infatti non è la tipica damigella in pericolo, bensì una donna forte con un carattere ben definito. In questa versione è infatti la compagnia di scuola d'armi di Link. La storia, lanciata la prima volta dieci anni fa, ritorna su Nintendo Switch in versione migliorata, con comandi di movimento più fluidi e la nuova funzionalità di giocare utilizzando i pulsanti per scegliere lo stile di gioco preferito.