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La nuova PAC è una pietra tombale sulla transizione ecologica?

La nuova PAC

La Politica Agricola Comune (PAC) è una politica condivisa da tutti gli Stati Membri. Gestita e finanziata a livello europeo con risorse del bilancio dell'Unione europea. Varata per la prima volta nel 1962, serve a sostenere gli agricoltori e a migliorare la produttività agricola. Garantendo un approvvigionamento stabile di alimenti a prezzi accessibili. Tra i suoi obiettivi vi è: il sostegno alla lotta ai cambiamenti climatici, la gestione sostenibile delle risorse naturali e la preservazione delle zone rurali. È caratterizzata da due grandi dinamiche: produzione e ambiente. Tra le sue finalità, vi è quella di assicurare che gli agricoltori possano avere un tenore di vita ragionevole. Secondo la Commissione europea, nonostante l'importanza della produzione alimentare, il reddito degli agricoltori è inferiore di circa il 40% rispetto ai redditi non agricoli. Dall'altro lato, vi è quella di contribuire però anche alla salvaguardia dell'ambiente. Ma la realtà non è così semplice.

Il costo della PAC

Il finanziamento del settore agricolo viene direttamente dall'UE e rappresenta la fetta individuale più grande del budget europeo. Ammonta a circa un terzo del bilancio UE, ossia circa il 32% con 58 miliardi di euro l'anno. Anche se la cifra è senz'altro molto alta, l'importo della sovvenzione dell'agricoltura nell'Unione europea è andato riducendosi negli anni. Ma perché finanziare l'agricoltura? Perché è ritenuta di interesse pubblico e a motivo delle sue caratteristiche specifiche che la rendono diversa da altri tipi di business. In primo luogo perché deve sottostare ai limiti e agli eventi imprevedibili imposti dalla natura, su cui gli agricoltori non hanno controllo. Un'altra ragione è che i prodotti agricoli hanno bisogno di tempo per maturare. Il che significa che la risposta ad una domanda in crescita o decrescita può richiedere alcuni anni di transizione.

La PAC finanzia solo la grande agroindustria?

La PAC non favorisce nessun particolare tipo di agricoltura rispetto agli altri e la parte maggiore dei finanziamenti è indipendente dalla produzione. Vuol dire che un pagamento per ettaro di terreno è indipendentemente da quanto intensamente quel terreno venga coltivato. Al giorno d'oggi la buona parte dei pagamenti diretti vanno ad un numero limitato di agricoltori. In quanto i pagamenti sono calcolati con riferimento all'estensione dell'area coltivata.

Si stima pertanto che il 20% dei beneficiari dei pagamenti diretti dei sussidi PAC riceva ben l'80% dei fondi. Negli anni sono andate crescendo le critiche a tale metodo, sulla base del fatto che i piccoli agricoltori fatichino a ricevere la loro giusta parte.

L'attuale riforma della PAC e la transizione ecologica.

Per la PAC è prevista una periodica revisione, l'ultima proprio per il periodo 2021-2027.

Purtroppo, l'attuale riforma della PAC rischia di rappresentare "una pietra tombale sull'avvio di una vera transizione ecologica delle filiere agricole e zootecniche in Europa".

A dirlo è la coalizione #cambiamoagricoltura, che raccoglie le maggiori associazioni del biologico e ambientaliste italiane, ma anche un'alleanza di tante ONG ambientaliste in tutta Europa e attivisti per il clima. A motivo di come è stata concepita la riforma, la nuova PAC ripresenta lo status quo, ha annacquato le misure ambientali e non farà parte della soluzione alla crisi ecologica, ma continuerà ad essere parte del problema. In tutto ciò, l'influenza delle lobby per l'agroindustria non è certo secondaria.

Ad esempio, non si è riusciti a fissare un massimale per i pagamenti diretti. Circa il 60% degli aiuti diretti agli agricoltori saranno assegnati secondo criteri di proporzionalità, cioè andranno più soldi a chi possiede più ettari o più animali cosiddetti da reddito.

A rimetterci saranno i piccoli coltivatori, i giovani e la biodiversità, mentre l'agroindustria, gli allevamenti intensivi e le lobby dei pesticidi e dei mangimi saranno avvantaggiati perché non sono indicati obiettivi ambientali adeguati.

Le problematiche specifiche non risolte.

Da questa nuova PAC sono numerose i punti controversi. Il consumo del suolo causato da sovrasfruttamento e agricoltura è determinante nel declino della biodiversità. È il caso della diminuzione delle specie di uccelli negli ambienti agricoli (-22% nel periodo 2000-2014). Ma cosa si sta facendo per arginare e migliorare questa situazione?

In base a dati della Commissione europea, le emissioni di gas serra del settore primario in Europa sono intorno al 10% del totale, eppure quale sarebbe la strategia per contenerle? Agricoltura e crisi climatica non possono essere visti come due mondi separati.

Di cosa avremmo bisogno, dunque?

Innanzitutto, servirebbe un modello della PAC legato a indicatori concreti per misurare il progresso verso un'azione climatica efficace. La PAC dovrebbe pertanto mirare a risultati concreti sul piano della sostenibilità. Noi GEV chiediamo che tutti gli obiettivi delle strategie europee per attuare il Green Deal, ossia le strategie "Dal produttore al consumatore" e "Biodiversità", vengano inclusi come indicatori e incorporati come obiettivi nella PAC a livello europeo.

In secondo luogo, le regole di condizionalità della Commissione europea devono essere rispettate a livello nazionale. La condizionalità è una serie di norme di base che gli agricoltori devono rispettare per ottenere il sostegno dell'UE al reddito. Attraverso la condizionalità, gli agricoltori sono incoraggiati a rispettare i livelli elevati previsti dall'Unione europea per quanto riguarda la salute e il benessere dei cittadini, delle piante e degli animali. La condizionalità può svolgere un ruolo importante nel rendere più sostenibile l'agricoltura europea solo se verrà applicata a tutti i beneficiari come base e secondo il principio Do Not Harm (non nuocere) per la biodiversità, per le condizioni lavorative degli agricoltori e per il benessere animale.

Da ultimo, gli eco-schemi, un nuovo tipo di vincoli introdotto dalla nuova PAC, dovrebbero concentrarsi sulla protezione di clima e ambiente. La partecipazione agli eco-schemi al momento è volontaria per gli agricoltori, e gli Stati membri hanno grande flessibilità nel determinare contenuto e budget, quindi la loro efficacia a favore dell'ambiente non è garantita. A tal proposito, sarebbe necessario favorire in particolare i piccoli agricoltori, affinché riescano a coniugare rendimento dell'attività e sostenibilità ambientale.

Quali sono stati i passi fatti a livello europeo finora?

A ottobre 2020, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo erano chiamati ad esprimersi sulla proposta della Commissione europea sulla riforma della PAC. Tale proposta era stata avanzata dalla precedente Commissione Juncker. La nuova Commissione Von der Leyen, insediatasi dopo le recenti elezioni europee del 2019, l'aveva accettata per spirito di continuità dei lavori della Commissione europea.

Già dal principio, i contenuti di tale proposta non erano particolarmente convincenti per il gruppo dei Verdi/ALE nel Parlamento europeo e numerosi attivisti e ONG ambientaliste, in quanto antecedenti ai nuovi target climatici, già più ambiziosi, dell'attuale Commissione europea. Infatti, durante i primi mesi del suo mandato, la Commissione aveva già avanzato proposte per il Green Deal europeo ( Dal Produttore al Consumatore e la Strategia per la Biodiversità) con obiettivi climatici chiari.

La Negoziazione Politica

Inoltre, durante le negoziazioni tra i vari gruppi politici all'interno del Parlamento europeo, tale proposta ha subito dei peggioramenti a livello di impatto ambientale. Pertanto, i Verdi avevano deciso a malincuore di votare contro di essa, in quanto non allineata con gli obiettivi del Green Deal europeo della Commissione e dell' Accordo di Parigi sul clima.

A ridosso del voto sugli emendamenti e poi del voto finale, i Verdi/ALE e numerosi attivisti per l'ambiente avevano avviato una campagna di sensibilizzazione ed erano riusciti a convincere anche diversi eurodeputati di altri gruppi politici a cambiare la loro posizione sulla PAC. Nonostante una mobilitazione molto ampia, la maggioranza del Parlamento europeo ha votato a favore della riforma.

Nel frattempo, il Consiglio europeo dei Ministri dell'Agricoltura dei 27 Paesi membri, faceva lo stesso. In particolare, la Ministra italiana Teresa Bellanova ha contestato la fissazione di una quota del 20% dei pagamenti diretti per gli eco-schemi, ovvero i nuovi vincoli per l'ambiente e la neutralità climatica. In generale, ha detto a margine dell'incontro, "Non ritengo opportuno fissare a priori una percentuale di risorse dei pagamenti diretti da destinare agli eco-schemi". Ciò non è in linea con le richieste dei Verdi.

Infine, dunque, sia il Parlamento europeo che Consiglio europeo, in qualità di co-legislatori dell'UE, hanno adottato le rispettive posizioni su questa PAC. Purtroppo, risultano in versioni ulteriormente annacquate dell'originale proposta della Commissione europea, già di per sé non ambiziosa.

La campagna #WithdrawTheCap

A seguito di ciò, i Verdi/ALE e gli attivisti ambientalisti hanno reagito con una campagna e una lettera dirette alla Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e al Vice-Presidente responsabile per il Green Deal europeo Frans Timmermans. La campagna #WithdrawTheCap invitava la Commissione a ritirare questa riforma della PAC, proprio in virtù del fatto che essa ha fatto della lotta al cambiamento climatico la sua bandiera politica, mentre questa PAC non è ormai più coerente con le priorità della Commissione sul clima e la biodiversità. La Presidente Von der Leyen ha ufficialmente risposto che non ritirerà la PAC, ma ha promesso che la Commissione lavorerà per migliorare le parti problematiche nei negoziati con Parlamento e Consiglio.

I Verdi/ALE hanno ulteriormente replicato, chiedendo che la PAC rispetti perlomeno il principio Do Not Harm (cioè il principio di prevenire, ridurre e controllare il rischio di danno ambientale) e che, meglio ancora, sia foriera di un cambiamento positivo in grado di traghettarci verso la realizzazione del Green Deal europeo. Resta da vedere se la Commissione riuscirà ad effettuare le correzioni e a rispettare la promessa. Ciò dipenderà dai triloghi, cioè dalle negoziazioni tra Europarlamento, Consiglio e Commissione, iniziati a novembre e che si protrarranno per i prossimi mesi.

La PAC vs Green Deal

A conferma che non si tratta di una posizione puramente ideologica, uno studio richiesto dalla Commissione Agricoltura del Parlamento europeo e pubblicato a Novembre, ha concluso che la proposta originale della PAC non è in linea con il Green Deal europeo della Commissione europea, e che le posizioni recentemente adottate dal Parlamento e Consiglio europeo l'hanno peggiorata ancora di più.

Conclusioni del Report

Secondo le conclusioni del report, "le pratiche agricole e alimentari dell'UE non sono attualmente sulla strada giusta per attuare l'ambizione del Green Deal, cioè gli obiettivi e traguardi quantitativi legati a clima, ambiente, nutrizione e salute in quel settore. Per invertire queste tendenze sfavorevoli, è necessario e urgente rafforzare molte disposizioni tecniche della PAC; in particolare quelle relative a requisiti di condizionalità e misure degli eco-schemi, e quelle per migliorare la governance della PAC, in particolare rendendo giuridicamente vincolante il raggiungimento degli obiettivi e migliorando la loro applicazione, la rendicontazione e il monitoraggio. È inoltre fondamentale completare i regolamenti della PAC attraverso un sistema globale e una politica alimentare coerente, che comprenda interventi incentrati sulla dieta alimentare".

È un peccato che questo report sia stato pubblicato dopo il voto in Parlamento europeo e in Consiglio europeo. Ormai non ci si può più aspettare che la PAC venga ritirata, ma tale studio rappresenta un'ulteriore solida base sulla quale si può cercare di far pressione sulla Commissione affinché sistemi le parti più problematiche. Il tempo non manca, in quanto la presente PAC entrerà in vigore a partire dal 2023.

Cosa possiamo fare in Italia?

In vista dei triloghi fra Europarlamento, Consiglio e Commissione, la nostra pressione sarà quindi diretta, oltre che alla Commissione europea, anche ai ministeri di Agricoltura e Ambiente italiani, affinché tengano conto degli interessi generali della popolazione, anziché cedere ai diktat delle grandi associazioni di categoria. La posizione della ministra italiana dell'agricoltura Teresa Bellanova è stata positiva nei confronti della PAC così come adottata, definendola all'altezza delle "nuove sfide della sostenibilità ambientale, sociale ed economica".

A nostro avviso, però, questa PAC risulta molto problematica.

Ad esempio, le criticità della produzione biologica meritano sicuramente di essere argomento di discussione più approfondita. Inoltre, chiediamo l'immediato stop ai sussidi per gli allevamenti intensivi e per l'agroindustria pesante. A nostro avviso, diventa sempre più importante incentivare i piccoli produttori, la filiera corta e il ripopolamento delle aree rurali, veri custodi del territorio e delle eccellenze agroalimentari. In generale, vogliamo che la PAC venga riadattata, allineandola agli obiettivi delle strategie europee "Dal produttore al consumatore" e "Biodiversità".

Noi GEV:

Per fare questo, noi GEV chiediamo di rivedere i meccanismi di implementazione per far sì che la PAC non danneggi ulteriormente l'ambiente e, anzi, sia uno strumento utile per la transizione verso il Green Deal.

Noi GEV stiamo partecipando alla campagna #FixTheCap per convincere la Commissione europea a rivedere questa PAC. Continueremo a seguire gli sviluppi a livello europeo e nazionale, e a fare pressione.

Scritto da Anna Ferrari, Gruppo di Lavoro Ambiente Clima, Biodiversità e Tutela del Territorio. 🌱

Bibliografia:

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