In Italia le calciatrici di Serie A vengono considerate dilettanti anche se, in realtà, vivono una vita da professioniste da diverso tempo. Il lavoro inizia fin da giovani: prima le partite ai campetti, poi gli allenamenti, le trasferte, di mezzo c'è la scuola, i talent scout, la famiglia e, in alcuni casi, dei veri e propri trasferimenti in altre città. Fin qui, nulla di diverso dai colleghi maschi. Però la carriera per le donne del calcio in Italia è spesso meno rosea di quello che si potrebbe pensare.
Oltre alla fatica, alla tenacia e ai sacrifici, le calciatrici (insieme alle persone che lavorano nel calcio femminile) sono infatti quasi tutte attiviste. Si battono non solo per il riconoscimento, anche economico, del loro ruolo di professioniste sportive, ma anche per il rispetto da parte del pubblico, che spesso non le prende sul serio e vede nel calcio femminile uno sport "di Serie B".
Un ruolo importante per l'equiparazione delle calciatrici ai calciatori, oltre agli sponsor, ce l'hanno anche le società di calcio stesse: è anche grazie ai loro sforzi che oggi il calcio femminile sta prendendo sempre più piede nella nostra società. L'Inter, per esempio, è tra le squadre che hanno investito molto nelle giovani calciatrici, facendo crescere delle professioniste sportive. Il nome della squadra - attualmente guidata dall'ex-calciatrice e allenatrice di grande esperienza Rita Guarino, la più vincente nella storia della Serie A Femminile - è FC Internazionale Milano, ma viene chiamata anche Inter Women o, appunto, semplicemente Inter, ed esiste in questa forma dal 2018.
Della squadra fanno parte molte giocatrici di talento tra cui, per esempio, Kathellen Souza Feitoza e Elin Landström in difesa, oppure le centrocampiste Ghoutia Karchouni e Marta Teresa Pandini. Ognuna ha seguito un percorso diverso, ma tutte si impegnano dentro e fuori il campo, per inseguire i loro sogni e avvicinare questo sport alla quotidianità del pubblico.
Una di loro è l'attaccante 23enne Gloria Marinelli. Calciatrice fin da piccola, con una famiglia che da sempre la sostiene. Marinelli è cresciuta sul campo, insieme a persone molto più grandi di lei: prima al Grifo Perugia, dov'è arrivata a soli 14 anni - trasferendosi con la sorella maggiore, senza i genitori, da un paesino del Molise a più di 300km di distanza - poi al Chieti ed infine, dal 2017, all'Inter. Quando non gioca, studia per un corso magistrale di Scienze Motorie. In un'intervista a FREEDA, Marinelli ha raccontato cosa vuol dire crescere in squadra, cosa significa essere una calciatrice oggi e quali sono state le cose che ha imparato durante il suo percorso di carriera.
D: Gloria, come reagiscono le persone che non ti conoscono quando racconti loro cosa fai nella vita? R: Molte persone sono scioccate dal fatto che noi donne giochiamo a calcio. Alcune sono già più consapevoli e reagiscono con ammirazione. Altre ancora reagiscono male... e in quei momenti mi viene da rispondere di smettere di pensare che le donne facciano solo certe cose e non possano giocare a calcio perché è uno sport "da maschio". Il calcio è un lavoro vero e proprio, e io cerco di far capire questo. Non sono una che sta zitta. Purtroppo, o per fortuna ( ride).
E le persone poi capiscono? Ci sono un sacco di pregiudizi sul calcio femminile. È vero che ci sono molti pregiudizi, ma nel momento in cui spieghi, non mi è mai capitato di avere ulteriori discussioni. Io sono molto diretta: spiego quello che faccio, spiego i miei sacrifici, e loro dicono: "cavoli!", e poi capiscono.
Quindi, secondo te, come siamo messi in Italia per quanto riguarda l'accettazione del calcio femminile? A volte, se vai a leggere i commenti sotto ai post sul calcio femminile, si leggono commenti come "ma che sport è?" oppure "ancora che guardate queste qua"... Secondo me in Italia dobbiamo ancora entrare nell'ottica che le donne possono fare quello che fanno gli uomini. Negli Stati Uniti, per esempio, le calciatrici della nazionale hanno lo stesso stipendio dei colleghi maschi. Questo fa capire che, per la società, si trovano sullo stesso livello. Noi invece stiamo ancora aspettando che la società ci capisca... Però, piano piano, ci arriveremo.
In Italia sarete presto e finalmente riconosciute come professioniste, e non più dilettanti... Infatti, finalmente, perché ci darà un sacco di diritti e cautele in più. È un diritto come lavoratrici, secondo me, e finalmente ci siamo arrivate.
Tu hai iniziato a giocare in Serie A da giovanissima, a soli 14 anni. Come ha contribuito il calcio alla tua crescita? Guarda, il calcio è stata la mia salvezza. Io ho un po' un carattere difficile. Il calcio mi ha insegnato a stare con le persone, quindi di non credermi sempre al centro o che tutte le persone dovessero fare delle cose per me. È un gioco di squadra e ho imparato ad avere rispetto per gli altri, a fidarmi, ma anche a non fidarmi. Per me è stata una crescita personale e caratteriale. Non ero quella che sono ora; e questo grazie al calcio.
E com'è stato crescere all'interno di una squadra? Avevo intorno gente con molta esperienza e caratteri forti. Se non giocavi bene venivano da te e ti dicevano: "Ti devi svegliare." Cosa giustissima, però è stato difficile all'inizio. Ero davvero piccola, con un carattere non formato, quindi mi sono dovuta adattare. Ci è voluto del tempo, ma mi hanno insegnato tanto e adesso credo di avere un buon bagaglio di esperienze; anche per aiutare le più giovani che ora si trovano al mio posto.
Come sono le dinamiche all'interno della squadra? Cosa succede quando, per esempio, vivete delle sconfitte? Ovviamente c'è chi chi è più disposta al dialogo e chi meno, però è come in tutti gli ambienti lavorativi. Come se fossimo in un ufficio. Dopo una sconfitta riusciamo sempre a guardarci in faccia e a cercare di trovare una soluzione... Alla fine conta l'atteggiamento che si ha in campo, non è la vittoria o la sconfitta, ma quello che dai per la squadra. È un ambiente in cui devi riuscire a comunicare sia con chi allena, che con le compagne.
Cosa rappresenta per te l'Inter Women? Io credo moltissimo nell'Inter Women. È un progetto di crescita delle giovani. L'Inter ha mantenuto tutte le giocatrici, anche della Serie B, per farle crescere. Questo si vede, perché nell'arco di pochi anni si è creata una base solida che ci permetterà di ottenere degli ottimi risultati. È una cosa bellissima.
La storia di Gloria Marinelli, come anche quella di molte altre giocatrici che fanno parte della squadra, è la prova che la società sportiva FC Internazionale Milano sta veicolando un forte messaggio di eguaglianza all'interno del mondo calcistico. Non solo tramite l'investimento concreto nelle giovani sportive; l'Inter ha da poco lanciato una campagna, chiamata Heroes, insieme allo sponsor MasterCard per aumentare la consapevolezza e il riguardo nei confronti del calcio femminile e delle sue giocatrici.